mercoledì 25 febbraio 2015

Girandola


Sono stato alle medie in Via Casotti, in una di quelle scuole di cui si parla nei telegiornali, quelle in cui crolla l'intonaco. Il prossimo anno, per i lavori di ristrutturazione, la sede sarà temporaneamente spostata, e i genitori hanno capito, adattandosi al disagio.

Ci sono cose di cui i telegiornali non parlano, però. Un'insegnante entusiasta mi dice «Venga a vedere, che meraviglia» e mi mostra il mare dalla finestra. «È una sede meravigliosa, con una vista mozzafiato. Per me che vengo da Milano…» Poi aggiunge: «Facciamo il mestiere più bello del mondo».

Accendiamo la lavagna LIM e arriva la prima. Con quelli della loro età non avevo mai fatto incontri, li ho trovati stupendi. Attenti, curiosi, informati su tante cose, e con una voglia matta di entrare in mondi nuovi. Quello del fumetto, la sua rocambolesca avventura secolare, piena di colori, luci, ombre e rimandi alla storia dell'immaginazione umana, è un mondo che si presta.
Poi incontro i grandi, di terza, e alla fine quelli di seconda. Tante divagazioni seguendo il canovaccio fisso, e un grande dialogo tra tutti.
Ogni gruppo ha le sue peculiarità. Ma resta una sensazione di pienezza, di speranza.

Alla fine, dopo sei ore in aula, ho rimesso tanto intonaco nel mio edificio mentale, spesso decadente, soggetto a piccoli crolli di fiducia. Questi ragazzi, ad esempio, di cui si parla sempre con sufficienza, distacco, un po' di paura, sono meravigliosi e li si può portare ovunque, dagli slums di New York dove nascevano l'America e il fumetto, fino all'Argentina de l'Eternauta, dove stava per arrivare la dittatura, sottoforma di alieni, per poi entrare nel segreto della tecnica nella messinscena…

Vabbè, ci siamo capiti. Aveva ragione quell'insegnante entusiasta, è l'esperienza più bella del mondo.

W la Scuola!

Lorenzo Calza







venerdì 13 febbraio 2015

URGENZE - Teatro civile per ragazzi (e genitori) civili

Portiamoceli.
Senza tante chiacchiere.



E poi compriamo loro dei libri, perché possano anche leggere le parole del razzismo, della mafia, della guerra, dei diritti violati dei bambini.
La redazione della rivista Andersen, in questo, è insostituibile: ha già preparato la lista della spesa, così non abbiamo proprio scuse!
Viki che voleva andare a scuola (Rizzoli, 2003) di Fabrizio Gatti
Non chiamarmi Cina! (Giunti, 2012) di Luigi Ballerini
Mare giallo (Sinnos, 2012) di Patrizia Rinaldi
Io dentro gli spari (Salani, 2010) di Silvana Gandolfi
E vallo a spiegare a Nino (Coccole&Caccole, 2011) di Anselmo Roveda
‘O maé (Piemme) di Luigi Garlando
Akim corre di Claude K. Dubois      
Uno e sette (Emme Edizioni, 2011), di Gianni Rodari
...
La lista completa è qui






martedì 10 febbraio 2015

Genitori, figli e lo smartphone

Dal sito di uno psicologo e psicanalista.

Nel salotto di attesa, i pazienti, mentre attendono, navigano con gli smartphone. Se i genitori accompagnano i figli, entrambi ‘ammazzano’ il tempo, ‘facendo la stessa cosa. Una volta, ricordo che stavo su una nave con mio figlio ed eravamo in procinto di partire per la Sardegna. Mi ha fatto fare tutto il giro della nave e per ogni cosa mi chiedeva: "… perché quello è così, oppure colà…." Ed io, naturalmente rispondevo. 

Oggi i bambini, anche piccoli, invece di chiedere a mamma o papà, chiedono a SIRI (per chi non lo sapesse, Siri è un assistente digitale installato sull’iPhone). La morale, ammettendo ce ne sia una, è che i bambini quando hanno una domanda, la fanno a chi risponde. Siri risponde sempre, i genitori sempre meno. I nostri figli, non interagiscono più in un mondo reale (chiedono a Siri). E’ un dato di fatto. La colpa è ovviamente dei genitori perché spesso predicano bene ma razzolano male, molto male. Ad esempio chi si sente immune da questa critica? Quanti di voi vanno a letto con il telefonino? Quanti di voi in questo momento non sono ‘connessi’? Avete il vostro partner alla guida invece di parlare con lui, state leggendo questo articolo? Vostro figlio vi chiede una cosa ma state rispondendo ad un post di Facebook oppure ad un messaggio di Whatapp, oppure ad un sms oppure …. Insomma caro genitore, stai con tuo figlio ma in realtà stai altrove.
famiglia e smartphone 
È indubbio che questo oggetto fa parte di noi. E’ più facile non indossare l’orologio che uscire di casa senza di lui. E’ pieno di tecnologia (infatti il telefono è l’accessorio spesso meno usato) e ci fa stare in contatto. Il gruppo  ieri si ritrovava con il pallore o il gioco della campana, oggi con l’oggetto perchè permette al gruppo di ‘ritrovarsi li’ e non più al famoso ‘muretto’.  Il gruppo appunto è da sempre e da tutti, riconosciuto come fondamentale per costruirsi una identità esterna alla famiglia (permette di affrancarsi) e si realizza oggi anche (forse: solo) attraverso relazioni virtuali.

papa e figlioNegli USA, alcuni ricercatori di un centro medico di Boston confermano che questa è oramai diventata una tendenza che poi vuol dire, uno stile di vita. Lo studio, fatto nel 2013 nei mesi estivi (luglio e agosto) evidenzierebbe che i genitori si interessano di più del proprio cellulare che dei propri figli. L’ambiente ove si è svolto lo studio era, pensate un po’, un fastfood, tipo Mcdonald’s per intenderci (solo agli americani vengono queste idee). Bene, nel fastfood i ricercatori avevano coinvolto 55 famiglie; il loro compito era semplicemente: consumare un pasto. L’osservazione ha evidenziato che 40 famiglie vedevano i genitori a volte ‘distratti‘ con sms, a navigare su internet, a telefonare per quasi tutta la durata del pranzo. 15 gruppi invece, non hanno fatto altro: interagire con il cellulare.

mamma e smatphoneQualcuno dirà che viviamo in un mondo complesso e la tecnologia, che è diventata pervasiva, ci fa spesso confondere il tempo (che prima era nettamente scaglionato: un tempo per il lavoro e uno per la famiglia) tra la vita privata che spesso, troppo spesso, si sovrappone e si intreccia con tutto il resto. Tutta questa tecnologia, che permette l’intreccio di sui sopra, deprime la relazione genitore-figlio. L’influenza della tecnologia diviene destabilizzante. Per non demonizzarla in modo unilaterale, a suo favore dobbiamo anche ammettere che in certe cose ci sono vantaggi evidenti ad esempio per la formazione, la comunicazione, scambio di materiali didattici, giochi formativi, etc.

Gli esperti (psicologi e ricercatori) ritengono che i genitori dovrebbero limitare l’uso di cellulari o tablet, perché i ragazzi, in assenza di questo ‘contenimento costruttivo’ tendono a vivere in un mondo sempre meno reale ma pieno di finzioni (la tecnologia ne inventa una al giorno). Vivere nella perenne finzione, porta inevitabilmente ad un conflitto con la realtà. Il risultato di queste ‘distrazioni’ genera, e sono sotto l’occhio di tutti: bambini passivi o aggressivi, indisciplinati, irrequieti, chiusi nelle proprie stanze (il cortile non esiste più). Questi bambini sono tendenzialmente più soggetti all’ansia oppure alla collera spesso violenta.

Ecco che a questo punto, i genitori si avvalgono di specialisti perché non sono in grado di comprendere più i loro figli (come potrebbero date le premesse). In questo contesto ammettono di non essere più in grado di gestire la situazione. Vengono da noi per avere la formula magica in grado di ‘aggiustare’ tutto in particolare il loro figlio.

Come se ne esce.

Cari genitori, ascoltate di più i vostri figli, dedicategli più tempo, quando entrate in casa, lasciate la tecnologia fuori di cassa, le cose andranno sicuramente meglio.

Però non è così facile, il prossimo Homo, si chiamerà Ciberneticus. Tutte le regole, anche quelle psicologiche che regolano i rapporti genitori figli saranno inevitabilmente riscritte e rimodulate.

Domenico Bumbaca, psicologo psicoteraputa

Gruppi WhatsApp per genitori: quando intorno alla scuola si scatena l’inferno!

Dal sito romagnamamma.


Premessa: nessuna madre è perfetta. Siamo tutte in ansia, sull’orlo di una crisi di nervi, prese da mille dubbi, incombenze, fatiche quotidiane.
Però, però, però. I gruppi Whats App dei genitori delle scuole elementari (e non solo) a volte sono insostenibili. Ne faccio parte anche io, ci mancherebbe. Sei un’aliena, oggi, se non senti lo squillo del messaggio almeno venti volte al giorno. Per la raccolta fondi per le uscite didattiche; per annunciare la festa di compleanno di Tizio, Caio e Sempronio; perché il bambino X ha dimenticato il libro a scuola e continuerà a urlare di disperazione se i compagni non gli mandano adesso, in questo preciso istante, la foto della pagina da studiare; per dare il benvenuto a quel papà che solo ora, dopo quattro mesi di scuola, si è accorto che esiste questo imperdibile gruppo WhatsApp; per organizzare una gita domenicale tutti insieme, visto che i nostri figli non ci stanno abbastanza, insieme (quaranta ore alla settimana per altri cinque lunghi anni, citando il caso nostro).
Un’amica, davanti a un caffè, mi ha raccontato della polemica che si è scatenata nella classe di sua figlia: in una bella giornata di sole di gennaio, la maestra ha osato portare i bambini a giocare in cortile. Apriti cielo: e se sudano? E se si ammalano? E se cadono? E se si sporcano? Chissà se alla maestra saranno fischiate le orecchie: ché tanto, se non li avesse portati fuori, qualcun altro avrebbe fatto del gran chiasso per criticare il fatto che non li aveva portati all’aperto nonostante il tempo sereno e l’aria simil-primaverile.
A volte, viene quasi da incasellare le mamme e i papà in certe categorie rigide, visto che dall’uso dei social, oramai, si capisce molto delle persone. Per un sociologo, ci sarebbe pane per i propri denti a sguazzare nei gruppi di cui sopra: ne verrebbe fuori, di certo, un’analisi reale e moderna del parco genitori. Un po’ come hanno fatto gli allievi della Scuola Holden di Torino con la collana “Save the parents” (vedi gli esilaranti “Manicomio giardinetti” and company).
Capita spesso di non riuscire a credere al contenuto di quei trilli insistenti. Come qualche sera fa. Una mamma albanese (qui l’aggettivo sulla provenienza è d’obbligo per cogliere il senso della storia), davanti al figlio che le chiedeva di aiutarla a scrivere cinque parole che iniziassero con le sillabe SA-SE-SI-SO-SU, ha scatenato l’inferno. Una mamma non ha capito la richiesta e ha cominciato a digitare dei punti interrogativi. Un’altra si è messa in agitazione perché il suo bambino, quel compito, mica l’aveva fatto. Un babbo super zelante ha iniziato a consigliare meravigliosi vocaboli: super, sale, silenzio, sottana, serpente, signora, suocera (non si fermava più). Io, nel frattempo, sono andata a dormire. Ma dal letto ho continuato a sentire, per almeno un’altra ora, messaggi che vibravano.
Ma ce n’era davvero bisogno?



Silvia Manzani è giornalista professionista, ha lavorato per diverse testate locali. È anche educatrice di asilo, ha due lauree e un'agenda di contatti da fare invidia a un pr. Cura i contenuti editoriali di romagnamamma.it. Per contattare Silvia, scrivi a silvia@romagnamamma.it 

martedì 3 febbraio 2015

Dàgli all'untore!

Crollo delle vaccinazioni ai bambini: l’Oms richiama l’Italia

Le coperture medie nazionali raggiungono il livello più basso degli ultimi 10 anni per quasi tutte le vaccinazioni. Chiesto un incontro urgente con il Ministro della Salute

di Redazione Salute Online



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«Un incontro urgente con il Ministro della Salute Lorenzin a marzo». Lo ha chiesto all’Italia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), a conclusione del meeting organizzato a Copenhagen sulla campagna di vaccinazioni nei Paesi dell’Unione Europea, contro il morbillo e la rosolia congenita. Il 2015 è il termine ultimo fissato dall’Oms per eliminare le due malattie infettive dall’Europa, ma l’Italia (non è l’unico paese in questa situazione) è in ritardo.
La situazione nel nostro paese
«La situazione desta ancora preoccupazione - denunciano i vertici della Commissione dell’Oms - negli ultimi quattro anni sono stati registrati in Europa oltre 100 mila casi di morbillo e 90 mila di rosolia. I dati italiani risultano ancora incompleti». Secondo i dati dell’Iss in Italia nel mese di ottobre 2014, sono stati segnalati 47 casi di morbillo, portando a 1620 i casi segnalati dall’inizio dell’anno, con un’incidenza maggiore in Liguria, seguita dal Piemonte, dalla Sardegna e dall’Emilia Romagna. «Nel nostro Paese - dichiara Susanna Esposito, presidente della commissione Oms per l’eliminazione di morbillo e rosolia congenita - gli obiettivi di copertura vaccinale necessari per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita non sono stati ancora raggiunti».
I dati del ministero della Salute relativi al 2013 e pubblicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss), evidenziano come le coperture medie nazionali raggiungono il livello più basso degli ultimi 10 anni per quasi tutte le vaccinazioni.

Il ministro: «Un allarme e un problema serio di sanità pubblica»
Il fenomeno è definito «preoccupante» dall’Iss e lo stesso ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha definito questo un «allarme ed un problema serio di sanità pubblica». I dati del ministero si riferiscono alle coperture vaccinali a 24 mesi d’età e riguardano la maggior parte delle vaccinazioni offerte attivamente e gratuitamente alla popolazione italiana, in accordo con il Piano nazionale della prevenzione vaccinale, ovvero poliomielite, tetano, difterite, epatite B, pertosse, Haemophilus influenzae b, morbillo, parotite e rosolia. Tra queste, le prime quattro sono considerate vaccinazioni obbligatorie.

Bisogna evitare che si ripresentino malattie ormai eliminate
Il punto, avverte l’Iss, è che il «mantenimento di coperture elevate è fondamentale per prevenire epidemie ed evitare che si ripresentino malattie che sono state eliminate in Italia». Proprio il calo delle coperture vaccinali per morbillo e rosolia, avverte l’Iss, «è più marcato rispetto alle altre vaccinazioni ed è stato registrato in tutte le Regioni». Varie le possibili cause del fenomeno: dall’errata percezione nella popolazione dell’importanza delle vaccinazioni all’effetto delle campagne mediatiche in atto contro i vaccini.
Eliminare il morbillo «non è semplice - osserva Susanna Esposito, presidente della Commissione Oms per l’eliminazione di morbillo e rosolia congenita e Presidente Waidid -; è una malattia estremamente contagiosa e per interromperne la trasmissione sono necessarie coperture vaccinali molto elevate con due dosi di vaccino. In Italia, però, le coperture vaccinali sulla prima dose si attestano intorno al 90% a fronte dell’obiettivo minimo del 95%, mentre quelle sulla seconda dose, nelle Regioni dove i dati sono stati raccolti, risultano ben inferiori agli standard richiesti (meno dell’85% rispetto all’obiettivo del 95%).


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Questo articolo, preso dal Corriere della Sera, è un campanello d'allarme.

Si parla anche della Liguria e di un suo triste primato. È argomento delicato, ma io penso che la libertà di un individuo di non vaccinare i suoi figli finisce dove inizia la mia di non vedere danneggiati i miei per colpa di pregiudizi antimoderni, parascientifici e dannosi per il consorzio civile.

Siamo la Scuola Pubblica, inserita nel complesso del Pubblico, che è l'equazione del nostro vivere insieme, del patto fra di noi.

Mi fido delle strutture sanitarie che vaccinano i miei bambini, dotate di protocolli e accorgimenti adeguati.

Ed è questo l'appello. Non lasciatevi irretire da campagne irresponsabili, l'unico vaccino contro il virus della disinformazione è INFORMARSI.

In modo serio e responsabile, perché la questione È seria e chiede responsabilità.

De Pres,
Lorenzo Calza